Piccola sezione dedicata ai vernacoli Papi-Magijani spesso incomprensibili perchè autoreferenziali, al gergo dell'alta vicentina dove splende il sole eterno e della periferia padana aureolata dell'ancora più maledettamente eterna nebbia, ai tic nati in momenti di felice ispirazione da happy hour prolungati o a improbabili fusioni linguistico-neuronali.. e se anche voi vi sentite un po' malesaniani, "i tifosi diano una mano alla squadra oggi invece di contestarla, che sono giovani! abbiamo fatto una squadra, abbiano i co****ni di dare una mano!!" E allora, chi più ne ha, più ne metta.
mercoledì 17 gennaio 2007
Il Papizionario
Grande Fratello
Tutta colpa di George Orwell se da 7 anni abbiamo a che fare con queste due parole; è altamente probabile infatti che i signori Endemol abbiano avuto sul comodino "1984" quando nel 2000 hanno ideato questo programma rivoluzionario, che non rientrava in nessun genere televisivo visto fino al quel momento in TV, tanto da creare il fenomeno dei Reality Show (show della realtà), su cui ci si potrebbe dilungare a lungo. La prima edizione in assoluto è andata in onda in Olanda (sempre primi per quanto riguarda le innovazioni), patria dei signori Jon de Mol e Joop van de Ende, nel 2000 e sull'onda del successo il format è stato venduto in molti altri paesi, tra i quali: Italia, Germania, Francia, Spagna e Inghilterra. In Italia è Mediaset ad assicurarselo e fa partire la prima storica edizione del "Grande Fratello" il 14 settembre 2000.
All'interno della casa più spiata d'Italia si sono avvicendate 94 persone, 47 uomini e 47 donne; l'arredamento cambia in ogni edizione e nel corso del tempo si sono aggiunti, oltre alla classica piscina, suite, tugurio, palestra, casa nababbi e casa tapini. I vincitori sono divisi equamente: 3 donne (Cristina Plevani, Floriana Secondi e Serena Garitta) e 3 uomini (Flavio Montrucchio, Jonathan Kashanian e Augusto De Megni); nonostante siamo giunti alle settima edizione, ai provini che i selezionatori fanno in giro per l'Italia si presentano circa 100 mila persone ogni anno.
lunedì 8 gennaio 2007
Storia in pillole: lo sci
È una disciplina che ha avuto la sua consacrazione solo nell'ultimo decennio, ma in pochi sanno che gli sci sono il più antico mezzo di trasporto inventato dall'uomo, prima ancora della ruota. Un'incisione rupestre a Rodoy (Norvegia) databile 3000 a.C. raffigura uomini che hanno ai piedi degli sci (fonti non ufficiali affermano inoltre che quello in testa alla fila urlasse «Dio bono seguite me Alberto atleta-campione che di là è pieno di gnocca!»). Inoltre in una torbiera di Hoting (Svezia) ne è stato rinvenuto un paio in ottime condizioni databile 2500 a.C.
Ma l'invenzione dello sci e insieme della slitta sembra affondare addirittura nella preistoria. Alcuni grandi storici (Luther, Nansen) che si sono occupati delle origini degli sci fanno risalire quest'invenzione alla zona della Siberia e della Mongolia, precisamente nella zona degli Altai. Fu qui che si formarono due correnti migratorie che avrebbero poi diffuso questa pratica: una diretta ad est, verso la Manciuria e proseguendo attraverso lo stretto di Bering verso Alaska e Canada; l'altra verso ovest, attraverso la Siberia, fino al Baltico e ai paesi scandinavi. Questa teoria è avvalorata dal ritrovamento di sci e racchette in Canada che hanno una straordinaria somiglianza con quelle rinvenute in Finlandia, in Lapponia, in Manciuria e nella punta estrema della Siberia. Inoltre una saga Norvegese narra che il paese fu occupato 8000 anni fa da un popolo di sciatori venuti da nord-est, mentre una cronaca della Cina Manciù narra l'incontro con un gruppo di cacciatori dotati di assi di legno dalla punta ricurva fissate con lacciuoli ai piedi che scivolavano velocissimi sulla neve aiutandosi con due bastoncini.
In tempi più recenti è ai paesi scandinavi che va riconosciuto il merito di aver tramandato e raffinato la tecnica dello sci: già nel 1200 i soldati norvegesi li calzarono nella famosa battaglia di Isen; tre secoli dopo gli svedesi respinsero l'offensiva danese forti di questo semplice ma efficace mezzo di trasporto; nel 1843 a Tromso (Norvegia) si tenne la prima gara di sci, e diciassette anni dopo il re di Norvegia organizzò la prima vera competizione ufficiale a Oslo, mettendo in palio la coppa Holmenkollen, leggendaria manifestazione che da allora si ripete ogni anno; durante la guerra dei trent'anni importarono la tecnica nell'Europa centrale e addirittura in Italia, dove però non fece molta presa sui nativi che non riuscirono a superare le difficoltà iniziali e la etichettarono come una bizzarria da nordici nati con quelle diavolerie ai piedi.
Perchè lo sci attecchisse anche in Italia si sarebbero dovuti aspettare ancora più di due secoli e l'ingengnere svizzero Adolf Kind detto el diau. Fu lui infatti, trasferitosi per motivi imprendiatoriali a Torino, ad importare l'uso dello ski sui pendii di Bardonecchia nel 1897, coinvolgendo un po' alla volta amici e conoscenti e creando così il primo gruppo di skiatori (poi scivolatori, e infine sciatori) italiano. Si dice che i montanari che per primi videro scendere quell'uomo "skivolando" sulla neve, rosso in viso e con una fluente barba bianca, scapparono spaventati gridando "el diau! el diau!".
E sulle orme di el diau nel 1901 a Torino nacque il primo sciclub italiano, presto seguito da altri temerari. Nel 1913 fu il momento della Federazione Italiana Sci (FIS) trasformata nel 1930 in FISI (Federazione Italiana Sport Invernali) quando si aggiunsero altre discipline come il bob. La consacrazione internazionale della disciplina arrivò nel 1936 con l'ingresso nel programma dei Giochi Olimpici di Garmisch-Panterkirchen, unica edizione dell'anteguerra con una sola classifica: il vincitore doveva vincere slalom e discesa a punti (una specie di combinata).
Perciò, dannato snowboarder, la prossima volta che mi tagli la strada e mi fai finire con la faccia nella neve, invece che farti una grassa risata, cerca di portare un po' di rispetto nei confronti di chi è il depositario di una gloriosa tecnica antica di almeno tremila anni!!
mercoledì 3 gennaio 2007
Epifania

Da quando questa leggenda è entrata nella tradizione dell'Epifania, i bambini di tutto il mondo lasciano vicino al camino una calza vuota, un piatto con un'arancia e un bicchiere di vino per la vecchina che in cambio la riempirà di caramelle, giocattoli.. e carbone se serve.
CON LE SCARPE TUTTE ROTTE
COL CAPPELLO ALLA ROMANA...
VIVA VIVA LA BEFANA!!
sabato 16 dicembre 2006
Ridete.. cosa ridete, c***o!
Che il riso faccia buon sangue, lo sapevamo già (non per niente è con molto senso dell'umorismo che siamo iscritti a una facoltà che dopo il triennio non offre specialistiche..), e, anche se ci sono delle prove certe che una risata di troppo potrebbe costarvi la galera, è ufficialmente provato che ridere è contagioso.
lunedì 11 dicembre 2006
Si fa presto a dire "calendario"...
Ormai il 2006 è sul viale del tramonto, e come ogni anno, di questi tempi, entra nel vivo la corsa al calendario. Dai più puritani "Frate indovino" ai più osè di Max, Maxim, Panorama, PlayBoy e chi più ne ha più ne metta, la battaglia per accapparrarsi un chiodo in più è davvero senza esclusione di colpi. Eppure fare un calendario non è così semplice.. «Capirai» potreste dirmi, «ci sono riuscite la Gregoraci e la Santarelli!». Ma non intendiamo proprio questo. Il Papi-Magija vuole portarvi a conoscere davvero come nasce un calendario, nel senso più pieno del termine, dalla necessità di ponderare addirittua i secondi, alla difficoltà di scegliere unità di misura facili, regolari, chiare e uguali per tutti.
In generale i calendari sono costruiti su una unità di misura nota come "anno", un termine che però in astronomia vuole indicare una cosa ben precisa, ovvero il tempo che la terra impiega per compiere l'intero giro del sole, ovvero in media 365 giorni 5 ore 48 minuti e 46 secondi (anno solare).
Il problema sta proprio nel fatto che questo tempo non corrisponde ad un numero intero di giorni, caratteristica necessaria invece per l'"anno" di un qualsiasi calendario da usare nelle attività umane (anno civile).. e mo'? Come la si pela sta gatta (sì, sono vicentino)? Le soluzioni proposte dalla storia sono state molteplici.
Nel calendario usato fino ai tempi di Giulio Cesare l'anno veniva suddiviso in 12 mesi lunari (ossia basati sui tempi della rivoluzione della luna attorno alla terra) dando vita ad un anno di 355 giorni: esso veniva a trovarsi indietro di circa 11 giorni rispetto all'anno solare per cui ogni due anni si aggiungeva il cosiddetto "mese intercalare" della durata, guarda un po', di 22 giorni. Problemi: a lungo andare le lievi differenze di minuti e secondi (quel "circa" usato poc'anzi) diventavano differenze di ore e giorni, e con l'andare dei secoli si arrivò ad un grave disaccordo tra date del calendario e stagioni.
Con il calendario giuliano (introdotto proprio da Giulio Cesare) si fissò che l'anno solare durava 365 giorni e 6 ore, stabilendo che ogni anno civile dovesse durare 365 giorni, a patto di aggiungere un giorno ogni quattro anni in modo da compensare quella differenza di 6 ore. Dopo 3 anni comuni (365 giorni) si aveva 1 anno bisestile (366 giorni, con il famoso 29 febbraio in più). Problemi: quelle 6 ore non sono proprio 6 ore, ma, come enunciato poco sopra, sono in realtà qualcosa in meno: ergo, solita storia, a lungo andare la differenza provoca sfasamenti anche di mesi. Verso la metà del XVI secolo l'eqiuonozio di primavera arrivò a verificarsi all'11 marzo anzichè al 21, data che segnava l'inizio bella stagione. Papa Gregorio XIII si accorse della cosa e iniziò a spaventarsi, perchè a lungo andare la Pasqua rischiava di cadere in estate. Così convocò una commmissione a cui affidò il compito di risolvere la questione: nacque così il calendario gregoriano (e quello pure noi lo conosciamo, non solo Il Papi-Magija che se la tira tanto...)
Come prima cosa bisognava eliminare quei dieci giorni di differenza tra anno civile e anno solare e così, questa è bella davvero, per la prima e per fortuna unica volta nella storia il giorno successivo al 4 ottobre 1582 non fu il 5 ma.. il 15!
Cioè, pensate se avete un esame fra dieci giorni (e non avete ancora aperto il libro perchè, tanto, dieci giorni..), e invece no perchè 'sti qua si sono accorti che è sbagliato il calendario e vi cambiano le date, per cui l'esame è domani.. scommetto che partirebbero moltissimi suggerimenti garbati su dove sti tipi dovrebbero infilarsi il nuovo calendario... con tutta la spirale metallica ovviamente!
"Sti tipi", ovvero, Luigi Giglio (ideatore) e Cristoforo Clavio (rifinitore del progetto, nell'immagine qui a sinistra) stabilirono che la storia dell'anno bisestile ogni 4 anni andava mantenuta, ma con una precisazione particolare riguardante gli anni di fine-inizio secolo (ovvero il 1600, il 1700, 1800, 1900, 2000 e così via...). Questi anni, a conti fatti, dovrebbero essere sempre bisestili, invece arbitrariamente Giglio e Clavio stabilirono che da quel giorno si sarebbero considerati bisestili solo quelli divisibili per 400 (cioè il 1600 era bisestile ma non il 1700, il 2000 è stato bisestile ma non lo sarà il 2100 e così via). In altre parole ci sono stati e ci saranno periodi temporali in cui due anni bisestili consecutivi sono separati da 8 anni, per esempio il 1696 e il 1704. Solo così, perdendo un giorno ogni tot si evita il problema di "correre troppo" con il calendario rispetto ai tempi solari.
venerdì 1 dicembre 2006
Colori sfortunati
Perchè il viola porta sfiga? Perchè, cazzo, fatevelo voi un campionato con 19 punti di penalizzazione...
Ma questa sorte non tocca solo il colore viola. Per i marinai, ad esempio, anche il verde ha un carico di malaugurio: questo perchè la bandiera verde segnalava alle altre navi la presenza di appestati a bordo. Altro che verde speranza! E la lista non finisce qui: cultura che tocchi, colore porta-sfiga che trovi! In Giappone, per esempio, si pensa che l'accoppiata bianco-nero sia di pessimo presagio (troppa fortuna, d'altra parte, non la trova neanche in Italia, chiedetelo alla Juve!); la spiegazione sembrerebbe essere che ai nippo-funerali si usa appendere drappi bianchi e neri. Insomma, noi in Italia ci tocchiamo le balle quando passa un carro funebre, loro se le toccano (o forse se le prendono a martellate, resta pur sempre il popolo di Mai dire Banzai) quando vedono drappi bianco-neri!
In spritz veritas
Questo post nasce per rispondere ai tanti, tantissimi messaggi di tutti coloro che, con stupore e malcelata ammirazione, si (e ci) domandano come sia, per citare le nobili parole di Pava, "la dura vita di uno scienziato della Comunicazione". Come la tuta di Superman, come le ragnatele di Spiderman, come il riporto di Medioman, come i tacchi di Silvio, anche noi abbiamo un'arma segreta. Segreta mica tanto perchè a quanto pare in molti la conoscono, tanto da aver obbligato il Comune ad accettare, se non proprio come ufficale almeno come ufficiosa, la dicitura di Piazza Spritz per designare la rinomata P iazza delle Erbe (nome peraltro già promettente di suo..), nel cuore di Padova. Semmai, i più ignorano l'origine di questo termine, ma il Papi-Pedia ha una risposta anche per questo!
La ricetta è semplice: vino bianco (molto), acqua gassata o seltz, e l’eventuale aggiunta di alcolici di color rosso (Aperol, Cynar, Bitter) o di color nero (China). Una variabile dipendente dall'area in cui ci si trova è poi il tipo di spumante usato: prosecco o brut. A Treviso, città ritenuta la culla di questo aperitivo, si mescolano al prosecco e seltz del Campari, dell'Aperol o del Cynar, con l'aggiunta finale di una fetta di arancia o di un'oliva. A Padova non troverete il seltz bensì il gin, mentre a Venezia è più diffuso lo spritz liscio, ovvero senza l'aggiunta di alcolici rossi.
martedì 28 novembre 2006
Davvero.. Rocambolesco..
Neanche io a dir la verità... però siccome mi sono casualmente imbattuto nella spiegazione di ciò ho, deciso di rendervi tutti partecipi , miei piccoli amici (ma sarò generoso o no, che vi cedo le perle di conoscenza che mi cadono dal cielo...o no? O no?):
Siamo nella Francia del 1863 quando un certo editore Millaud (celebre la sua famosa massima «bisogna avere il coraggio di essere stupidi») decide di dare i natali ad un nuovo quotidiano, le Petit Journal. Solo che siamo in un regime, quello di Napoleone III, di grande rigore per la libertà di stampa. In breve, è molto dura fare del giornalismo politico. Così monsieur Millaud per vendere anche senza il grande catalizzatore attentivo della politica, decide di puntare oltre alla cronaca pure sulla letteratura, riportando in auge il feuilleton, il romanzo d'appendice a puntate. Non è una novità, molti dei capolavori dello stesso Charles Dickens nascono così. La rubrica è affidata a Pierre Alexis Ponson du Terreil, che narra sulle pagine del Journal le avventure di Rocambole, avventuriero e ladro gentiluomo, nato come personaggio negativo ma poi, puntata dopo puntata in grado di trasformarsi in un vero e proprio eroe. Egli vive moltissime avventure al limite, e la stessa tecnica della narrazione a puntate assicura un feedback allo scrittore, che può sviluppare l'opera un po' alla volta, continuando ad inserire continui climax così da mantenere viva la suspence e invariata la volontà di acquistare il giornale. Da qui l'evoluzione del termine "rocambolesco" come aggettivo riferito ad azione audace e rischiosa, condotta con sagacia, astuzia e spericolatezza.Saluti, Il Papi-Magija.
lunedì 27 novembre 2006
La guida a destra

venerdì 24 novembre 2006
Venerdì 17
Ciaooo! ^^
Inauguriamo questa sezione con una curiosità: sapete perchè Venerdì 17 è considerato il giorno peggiore del calendario? La spiegazione è semplice: Venerdì è il giorno della Settimana Santa in cui è morto Cristo, quindi -per tradizione- giorno di lutto mentre 17 in numero roma no si scrive XVII che, anagrammato, diventa VIXI, ovvero "ho vissuto" in latino.
Insomma una congiura... personalmente in questo funesto giorno non mi è mai successo nulla... pensandoci però ho sempre evitato di uscire... meglio non sfidare la sorte!