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giovedì 4 gennaio 2007

Mel Gibson's Apocalypto

Rassegna cinematografica acida e atipica per due kolossal: il primo, uscito fresco fresco dalle sale statunitensi e in dirittura d'arrivo sui nostri fiacchi e già provati schermi, il secondo ce lo abbiamo tutti sotto agli occhi.

Ma partiamo da un caso umano alla volta (che putroppo ha deciso di diventare anche caso cinematografico): a quanto pare l'atmosfera natalizia giova particolarmente alla spiritualità di Mel Gibson, che quest anno ci riprova (e mi ripugna) con un altro parto della sua macchina da presa non indifferente alle tematiche controverse, polemiche, dibattute di cui si ciba anche il suo ultimo splatt.. ooops film, Apocalypto, e con esso la Walt Disney. O di come avere velleità artistiche, ossessioni finto-filosofiche e regia spiccia, che strizza l'occhio alla violenza-ammaliatrice senza avere minimamente l'ombra del fascino tarantiniano,e di 40 milioni di dollari in tasca, per il momento in perdita secca dato che il film ne ha incassati poco più di 14. Soldi buttati nel cess.. ehm, giustificati per lo meno dall'apprezzabile intento di far rumore e scalpore sulla pelle (è proprio il caso di dirlo..) di una civiltà, quella Maya, che conta ad oggi solo 800.000 sopravvissuti, che tutto sommato non avranno molto da ridire sulla chiave di lettura che è stata data del loro grado di civilizzazione al momento dell'arrivo dei colonizzatori spagnoli.

In linea con le interpretazioni impossibili che tanto gli sono congeniali, Gibson racconta nel suo cinema etnico, epicheggiante e iperrealista la vicenda del giovane Zampa di Giaguaro, baluardo di una cultura ormai in declino, convinta che per salvarsi basterà aumentare il numero dei templi e dei sacrifici umani -in cui il nostro Franco Lauro vi condurrà minuto per minuto- che deciderà di sfuggire al suo destino di vittima sacrificale intraprendendo un viaggio in un mondo oscuro e oppressivo, ma che per amore della sua donna e della sua famiglia farà ritorno, incontrando una tragica fine.

Assicura il New York Times, «Gli spettatori che condividono l'appetito apparentemente illimitato del regista per il sangue non rimarranno delusi visto che non c'è molto sulla tortura fisica che sia lasciato all'immaginazione», leggasi lodevole intento di Apocalypto di porsi come valida alternativa al deludente Saw 3, con qualche vena esilarante mischiata al truculento appeal da grand-guignol: Zampa di Giaguaro viene colpito da una lancia, letteralmente trapassato, se la toglie e riprende la fuga, poi viene colpito da una freccia, dalle parti del cuore, se la strappa e prosegue. Il che mi porta a sospettare un sodalizio tra Mel e come minimo Tetsuo Hara..

Non avendo ancora visto il film, e non avendo comunque intenzione di farlo, posso applaudire solo da lontano il lodevole sforzo di andare un po' oltre la (sua) barbarie storica rispolverando la lingua degli antichi Maya (il film è infatti sottotitolato) e di non cedere fino in fondo alle tendenze dicotomiche che il nostro neoregista ha già mostrato altrove. Eh sì, perchè diciamocelo, quegli ebrei un po' cinici e quei toni esaltati al botteghino l'avevano premiato.. Poi l'opinione pubblica si è un po' risentita, una volta scoperto che qualche tempo addietro il religiosissimo Mel, dopo aver spinto un po' troppo il piedino sull'acceleratore della sua Lexus, si era ritovato ubriaco ad insultare i poliziotti stranamente accorsi per quella lieve infrazione (87 miglia orarie contro le 45 consentite) con vari epiteti coloriti tra cui quello di fottuti ebrei. Mi viene il dubbio che a complicargli un po' la vita non sia stata la multa da 5000 bigliettoni sganciati subito e in contanti, ma il fatto che molta della Hollywood che conta e che si salva, tra cui Steven Spielberg e Jeffrey Katzenberg, è ebrea.

Ah sì, il pianeta delle scimmie.. ma quelli siamo noi, l'italico popolo che per amore di diversità e anticonformismo (lo slogan di Mel insomma...) o forse spaventati di essere tacciati di moralismo e bigottismo, siamo stati gli unici a non aver posto alcun veto alla visione del film da parte di bambini e ragazzini (a 13 anni sei un bocia, e anche a 14, a 15, a 16, a 17.. a 18 puoi andare in carcere), al contrario di America, Germania, Olanda, Irlanda, Inghilterra e Canada. Perfino in America il film ha ottenuto il codice R, per cui è vietato agli under 17.

Per fortuna ci sono degli illuminati (il critico tv Carlo Freccero) che rispondono ai rompicoglioni come me: «E' un film molto interessante sulla violenza del potere, un potere primordiale e premoderno come quello di oggi. La riprova è nel fatto che perfino le immagini di Saddam con il cappio al collo siano state diffuse con sufficiente indifferenza e che Bush abbia identificato nell'esecuzione del rais la pietra miliare di quella democrazia che l'Occidente si è incaricato di instaurare in Iraq. Se avessimo dovuto vietare il film, allora avremmo dovuto spegnere i TG dal 2001. Dopo le torture nel carcere di Abu Ghraib, è imbarazzante fare ragionamenti di questo tipo». A parte il senso tragicomico dell'accostamento semantico impiccagione-democrazia, a me imbarazza questo maxi indulto contro.. tutto, questa spenta rassegnazione ad autorizzare tutto purchè mediatico, salvo poi fare la scoperta di quell'astronauta che, dopo aver vagato a lungo nello spazio, atterra su un pianeta ignoto, barbaro e primitivo e vi scopre con sgomento le rovine della civiltà umana.

domenica 17 dicembre 2006

De rerum philosophorum

Lungi da me proporre argomenti seri (io e serietà nella stessa frase facciamo a cazzotti) in versione Maurizio Costanzo Show, da qui la ragione del titolo pomposo di questo post, che, come si può notare, è stato scritto da chi non ha mai aperto un libro di latino. Non essendo in grado di sostenere una disputa filosofica (ma non mi tiro mai indietro davanti a uno spritz) trascrivo qui un pezzo che mi aveva colpito molto, a rileggerlo adesso vuoi per gli effetti allucinogeni dell'ora vuoi per la reazione a catena innescata dai commenti sulla diatriba loggioniana potrebbe dare qualche spunto.. in caso, prendetevela con Oscar Wilde.

La Religione non mi serve. La fede che altri dedicano all'invisibile, io la dedico a ciò che posso toccare e guardare. I miei dèi vivono in templi costruiti da mani umane, e nel cerchio dell'esperienza attuale la mia dottrina è perfetta e completa; anche troppo completa, forse, perché, come molti di coloro, o tutti coloro, che hanno posto su questa terra il loro Paradiso, ho trovato in essa non solo la bellezza del Paradiso ma anche l'orrore dell'Inferno. Quando mi accade di pensare alla religione, sento che mi piacerebbe fondare un Ordine per quelli che sono incapaci di credere; si potrebbe chiamarla la Confraternita degli Orfani, sul cui altare spoglio di candele un prete nel cui cuore non alberga la pace celebri con pane non benedetto e calice vuoto di vino. Qualsiasi cosa per essere vera deve diventare una religione. E l'agnosticismo, non meno della fede, dovrebbe avere i suoi riti. Ha disseminato i suoi martiri, dovrebbe raccogliere i suoi santi, e lodare Iddio ogni giorno per essersi celato agli uomini. Ma che sia fede o agnosticismo, per me non deve essere nulla di esteriore. I suoi simboli devono essere creati da me. Soltanto ciò che crea la propria forma è spirituale. Se non posso trovare il suo segreto dentro di me, non lo troverò mai. Se non lo possiedo già, mai esso verrà a me.

De Profundis (Oscar Wilde, 1897)

Varrebbe la pena, secondo me, di riflettere su quel nulla di esteriore.. non è che il problema, a volte, è proprio che si declama, si esteriorizza, si sbandiera un po' troppo? Mi viene da considerare la bestemmia di Cili in quest'ottica, (troppo) libera espressione di un pensiero che afferma una realtà diversa da quella della religione, ma che -purtroppo- ha bisogno anche di denigrarla..

Dedicato a tutti quelli che..

.. che dopo essersi arrovellati su cosa sia questo Papi-magija, sono giunti alla conclusione che, siccome ci siamo rotti le palle di scrivere e fino a gennaio non sapevamo cosa fare, abbiamo punzecchiato il Cili per amore dello show business.

Il Papi però da buon blog non-commerciale (non fosse altro che ci rifiutiamo di spammare ai quattro venti la nostra modesta esistenza) vive di ciò che scrive, e di quello che ci porgono i passanti. E se a qualcuno lo spazio commenti dovesse andare stretto..


martedì 12 dicembre 2006

Il Loggione della discordia

C'è un nuovo tormentone che divide e scalda gli animi dei laurandi in Scienze della comunicazione dell'Università di Padova, che va a colpire soprattutto quelli del secondo anno, mai così comunicativi come in questo caso.

In un angolo del ring v'è la tetrade di oscuri figuri che, parafrasando un richiamo durante la lezione del Michelone Cortelazzo (docente presso la suddetta università patavina, nonchè ex-presidente di facoltà proprio per Scienze della Comunicazione), hanno dato vita al Loggione, un giornale (?) satirico (?) che contiene ombre e luci della vita da spritzettaro del mercoledì, non lesinando commenti poco simpatici all'inidirizzo degli stessi professori della facoltà (mi auguro per voi che gli esami di quelli che pigliate per i fondelli li abbiate già passati!), e spesso facendo largo uso di espressioni che farebbero impallidire pure Sergio Volpi.

Dalla parte opposta, di certo poco disposti a gettare la spugna, vi sono più o meno tutti gli altri colleghi di corso, abbastanza contrariati dall'esistenza del suddetto periodico, tanto da indire una raccolta di firme per convincere il "direttore" Mateo Cili (di origine oltre-adriatica) a porre fine ad una pubblicazione che, stando ai rappresentanti di questa parte, rischia di mettere in cattiva luce l'intero corpo studentesco, che affatto si sente rappresentato dalle parole contenute su quelle pagine, implicitamente firmate come fossero l'espressione della voce di tutti (più volte il giornale è finito tra le mani di docenti stessi, essendo la sua distribuzione alla mercè di qualunque avventore).

Questo Vernacoliere de' noantri sembra non trovare alcun supporter: tantissimi sono stati coloro che sul foglio firme hanno impresso in calce (e se avessero potuto penso che l'avrebbero fatto in.. calci!) il proprio nome e il proprio dissenso. Molti poi coloro che non hanno risparmiato pure frasette che meglio non potevano spiegare i propri sentimenti nei confronti della redazione (la più emblematica «Cili sparati nei coglioni»!); nonostante tutto, l'ameno -o presunto tale- comunicatore continua nella sua crociata contro le istituzioni (?) sottraendo prezioso tempo con sacrificio (diamo a Cesare, non deve essere facile trovare testi contenuti e immagini per un giornale, gratuito per altro, di una decina di pagine prodotto in proprio) al suo studio per produrre il giornale che, peggio di uno scomodo tabloid politically incorrect, spaccò in due l'ambiente universitario.

E, a questo punto, ci chiediamo:

  • ma Cili e compagnia bella quanti esami hanno fatto?
  • quanti di questi hanno superato?
  • perché se la prendono con professori inoffensivi e non attaccano il vero mostro-Ursini (allora sì che li rispetteremmo!)?

.. ma soprattutto, voi cosa ne pensate? C'è un limite anche alla libertà di espressione quando vi sembra che questa possa essere andata un po' troppo oltre (rischiando di mettere in cattiva luce chi non c'entra)?

ma soprattutto, chi c**** è Il Papi-Magija?