giovedì 11 gennaio 2007

"...e pardon par l'or!"

Cronaca di un viaggio di ordinaria follia sulla rotta della finale di Champions League. L'epopea di quattro ragazzi alla caccia del grande calcio, il fascino della bella e irraggiungibile Parigi, il francese e le sue (nostre) infinite varianti, la pension Au palais Gourmand, l'animo giapponese di Riccardo.. per la prima volta in un unico blog. Prosegue da questo post.

Eravamo rimasti, dunque, al nostro epico approdo in terra transalpina. Che ci colse subito nel panico. Sì, perché con la metro chiusa l’unica per giungere all'agognata destinazione era, pensavamo, pigliare un taxi. Peccato solo che la stessa idea l’avesse avuta pure il miliardo di persone che ci avevano fatto compagnia in treno poco prima, più tutti quelli degli altri treni arrivati con il nostro. Fu allora che, al di là della muraglia umana che ci precedeva sulla via che portava agli unici due taxi apparentemente esistenti a quell’ora, notammo il felice particolare: gli autobus giravano ancora. Qui ci rendemmo però conto per la prima ma non ultima volta, che purtroppo il francese non è solo oui, merci, bonjour, bonsoire, due gesti in croce e poi tarallucci e vino, come credevamo ottimisticamente.

Dopo aver infastidito parecchi autisti in servizio chiedendo lumi su quale fosse il numero magico (di bus) in grado di condurci al sospirato letto siamo riusciti a farci indicare la biglietteria dei dannati mezzi pubblici. In quattro possedevamo un vocabolario mentale che, tolti gli italianismi francesizzati (vedi l'inesistente parfuì, che non so da dove mi sia venuto in mente che potesse voler dire perfetto) avrà posseduto all'incirca una decina di parole di senso compiuto, ergo non dovevamo far uscire qualsiasi conversazione dagli stretti e corti binari tracciati da quelle. In nostro aiuto veniva una mimica degna del miglior Voglino, e l'asso nella manica, udite udite, quell'inglese che sapevamo (o credevamo di sapere) abbastanza bene da consentirci di sopravvivere. In un modo o nell'altro dunque nella tiritera del disponibile bigliettaio riuscemmo a cogliere alfin il numero bramato ("Cos'ha detto?" "Ha detto 6?" "O era 16?" "Che non sia 60 invece.." "Per me era 6" "Sei sicuro?" "Boh, proviamo a vedere") facendoci per giunta indicare il punto in cui il suddetto mezzo sarebbe passato. E qui fortunatamente le cose cominciarono a fare quello che le nostre palle stavano facendo dall'inizio di questa odissea, ovvero girare, stavolta però per il verso giusto: l'autobus comparve dall'orizzonte nel momento esatto in cui arrivammo noi in zona-fermata! Oh gaudio.. Non sottilizziamo sul fatto che abbiamo sbagliato fermata e siamo finiti di più di mezzo km oltre a quella che dava giusto davanti alla pensione...sta di fatto che, con valigie e tutto, alle 2.34 a.m. eravamo pronti a varcare l'ingresso della pension au palais Gourmand, con sole otto ore di ritardo.

Superata la prima porta -avevamo il codice d'apertura- ci trovammo di fronte alla seconda, della quale non possedevamo la necessaria chiave. Scontato dunque il passo successivo: fare la cosa che sarebbe stata più sensata se benedetta dalla luce del sole, e che invece molto meno lo era a quell'ora: suonare il campanello (e con arrogante insistenza per giunta). Dall'altro capo del citofono un'assonnata e burbera voce cominciò a spiegarci con infastidita lentezza a che piano dovevamo recarci. Si perchè questa pensione si trovava al terzo piano di un'antica palazzina, con altre abitazioni ed uffici. Antica ma ben risitemata visto che era dotata addirittura di ascensore, una comodità impevista che non mancò di strapparci qualche sorriso, convinti di poter risparmiare almeno la fatica delle scale. Purtroppo mai sorriso fu più effimero, perchè a dispetto della capienza che bel bello annunziava "3 persons", in realtà già uno con il cappotto addosso rischiava di starci stretto. (Una volta due di noi di cui non facciamo nomi hanno addirittura provato a salirci insieme, scoprendo, diciamo così, una...intimità tutta nuova...ehehehe...)

Finalmente varcammo anche l'ultimo uscio, e fummo dentro. Lo scenario pareva da Jessica Fletcher, e già ciò non era buono, soprattutto in considerazione poi dello sguardo assassino che ci aveva accolti. Al di là della porta ci aspettava infatti, con intenzioni che sembravano tutt'altro che amichevoli, il non più giovanissimo propietario della pensione, che ci aspettava ormai da tempo immemorabile in pantofole e vestaglia, con i capelli scarmigliati, gli occhiali storti, il pelo bianco che usciva orgoglioso dal villoso petto e una voglia di mandarci affa'nculo grande così. Iniziò a bofonchiare qualcosa, presumibilmente chiedendo il motivo di tale (enorme) ritardo e il bello è che ognuno di noi aveva capito ma, piccolo probelema, non sapevamo come spiegarci (sarebbe stato già lungo e complicato in italiano, figurarsi...). Presi dal panico, visto che il nostro silenzio sembrava indispettirlo ancor di più ci guardammo disperati...e fu allora che, come un fulmine a ciel sereno, il sorriso balenò sul viso del fiero Riccardo, che decise di soccorcerci e toglierci dell'imbarazzante empasse con la (prima) frase clou di tutto il viaggio, ovvero il laconico e irreplicabile

"We lost the coincidens!"

(che avrebbe dovuto suonare secohndo lui come un abbiamo perso la coincidenza). Fu allora che il vecchio si girò di scatto fermandosi, guardò dalla nostra parte e scagliò, digrignando i denti e storecendo prima il collo e poi le labbra, il suo ancor più splendido

"EEEEEEEEEH!?" (degna del miglior De Luigi di "Chiii? Primo Drudi!")

con cui raggiunse un'intonazione che ci fece temere di avergli rotto i coglioni per davvero, non solo in senso figurato. Il vecchio, che oltre ad essere rincoglionito (molto dal sonno e un po' di suo), di sicuro non capiva una cippa di Inglese, decise di sorvolare e di lasciarci andare a nanna. Ci mostrò le camere spiegandoci alla buona come funzionava per gli orari dei pasti e tutto il resto, mentre noi continuavamo ad imbonirlo con i nostri "Oui oui" pur capendo un quarto di quello che diceva, desiderosi soltanto di buttarci su qualcosa di orizzontale e dimenticare al più presto il primo giorno del nostro viaggio.

Credevamo ormai che le perle della giornata fossero finite, ma ci sbagliavamo: non avevamo fatto i conti con la non ancora sazia fame comunicativa di Riccardo. Il sempre cortese e compito garzoncello di Castelfranco infatti si sentiva in dovere di scusarsi per l'ingente disturbo, e quale migliore occasione, deve aver pensato, per dare sfoggio delle due lezioni di francese da lui frequentate all'uni? Il vecchio si stava congedando da noi, pure lui con il solo pensiero alle coperte calde, quando il nostro prode compagno - ingenuo e superficiale nel suo compito di (in)fedele traduttore - decise di rivolgere all'uomo il suo "e ci scusi per l'ora" che in Italia gli avrebbe certo garantito la redenzione, ma che trasformato in un inesistente

"...e pardon par l'or!"

suonò come l'ennesima presa per il culo di una lunga serie. Il vecchio, ormai rassegnato, se ne andò a letto bofonchiando al nostro indirizzo qualcosa -presumibilmente - di molto poco simpatico.
E il resto è un'altra storia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

F-I-G-A-T-A!

Oh ma non é che poi metti pure le foto del viaggio eh?quello di pava peró lo metterei come video della settimana...quello con la tour


Dave (L'anonimo D.)

Marco ha detto...

Sarebbero contenti milioni di francesi di vedere cosa faccio con la loro fottutissima torre!!
D'altra parte, hanno perso la finale, non hanno diritto di replica!
Quindi: UPLOADIAMOLO!!!